Lavoratori con invalidità: chi può fruire uscita a 60 anni?

Confermati i requisiti di pensionamento agevolati per i lavoratori invalidi. Le donne con una invalidità di almeno l’80% possono ottenere la pensione di vecchiaia a 55 anni, gli uomini a 60 anni.

Nonostante l’introduzione della Riforma Fornero sono rimasti i benefici previdenziali per i lavoratori che abbiano una invalidità riconosciutanon inferiore all’80%. La loro disciplina, infatti, ha carattere eccezionale e non è stata pertanto modificata dal Dl 201/2011, provvedimento che, com’è noto ha innalzato in modo moto brusco i requisiti per conseguire la pensione di vecchiaia a partire dal 1° gennaio 2012.

Pertanto, tuttora, i lavoratori e le lavoratrici invalidi in misura non inferiore all’80% in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, hanno diritto alla pensione di vecchiaia al compimento del 60° anno, se uomini, e del 55° anno se donne come recita l’articolo 1 comma 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503.  I requisiti di contribuzione restano allineati a quelli generali (15 anni, se maturati entro il 1992, o 20 anni).

I requisiti anagrafici dei lavoratori in questione devono essere tuttavia adeguati per l’effetto dell’aspettativa di vita Istat e risultano interessati dalla disciplina delle finestre mobili, cioè il differimento di un anno dal perfezionamento del requisito (cfr: Circolare Inps 53/2011;Circolare Inps 35/2012) a differenza di quanto previsto dalla Legge Fornero. In pratica un lavoratore che intende fruire del beneficio nel 2016 dovrà aver raggiunto 60 anni e 7 mesi di età (55 anni e 7 mesi se lavoratrice) e dovrà attendere 12 mesi per l’erogazione della prestazione pensionistica.

Attenzione però: il beneficio è attivo solo per i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all’assicurazione generale obbligatoria non per gli autonomi nè per quelli del pubblico impiego (cfr. Circolare Inpdap 16/1993). Si ricorda che per ottenere il trattamento in parola il richiedente deve sottoporsi ad una visita medica presso le commissioni sanitarie dell’Inps ancorchè sia stato riconosciuto invalido civile. Ciò in quanto, secondo l’Inps, l’invalidità per il beneficio in parola deve essere valutata ai sensi della legge 222/1984 (cd. invalidità specifica) e non ai sensi della legge 118/1971 sull’invalidità civile (cd. invalidità generica). Pertanto, il riconoscimento eventualmente già operato in sede di invalidità civile costituisce solo un elemento di valutazione per la formulazione del giudizio medico legale da parte degli uffici sanitari dell’Istituto (Circolare Inps 82/1994) e non determina necessariamente la concessione del beneficio.